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KERB 1.14
U
omini, luoghi, marchi che hanno fatto la storia dell’auto-
mobilismo... Questo è quello che vuole raccontare KERB
MOTORI ai propri lettori. Alla sua maniera, con un approc-
cio diverso, culturale. Ebbene la vicenda di Guy Ligier si
presta magnificamente a questo scopo. Già nel primissi-
mo numero 1 del 2012 dedicammo diverse pagine alla pic-
cola, ma polivalente, marca automobilistica francese. La
storia, i modelli, la lunga permanenza in F.1, offrono numerosissimi spunti di
approfondimento. Sul numero corrente di KERB ci spingiamo oltre. Andiamo
alla scoperta delle origini della “saga Ligier”, là dove il tempo per certi versi
si è fermato, mentre per altri prefigura il futuro. Ritorno al futuro, quindi, ad
Abrest, cuore Ligier. Dove tutto era, e tutto è rimasto. Dove tutto continua,
di padre in figlio: da Guy a Philippe, ed ora a François, Presidente di Ligier
Automobiles (con Microcar e Duè, Ligier fa parte del Gruppo Driveplanet,
leader in Europa nel settore Minicar). Ad un tiro di schioppo da Vichy, città di
venticinquemila abitanti famosa per le acque minerali, le terme, i laboratori
di cosmesi, ma anche per essere stata la capitale della Francia occupata nella
Seconda Guerra Mondiale. Siamo in piena Alvernia, ai piedi del Massiccio
Centrale, la terra dei Galli, granitico popolo celtico che ha dato le origini alla
stirpe francese. Qui vive gente di poche parole, abituata a lavorare duro per
raggiungere i propri traguardi. Fin dall’antichità. Destinazione Abrest, paesi-
no di duemila anime tipico della Francia centrale, dove a volte centinaia di
chilometri scorrono in mezzo ai campi o al nulla. Per un’operazione a cuore
aperto: visitare quegli hangar in lamiera installati dall’esercito americano al
numero 105 di Route d’Hauterive, dove il capostipite Guy si buttò anima e
corpo nella sua impresa. Orfano di padre a 7 anni, è sempre stato sempre
abituato a lottare e a guadagnarsi le cose. Apprendista macellaio a 14, è già
pronto per il lavoro e la vita da adulto. Lui, ex-canottiere, ex-rugbista (arriva
in nazionale B e il logo originario Ligier raffigura un pallone ovale) ed ex-pi-
lota di moto Campione di Francia nel ’59 con una Norton 500, passa infine alle
auto. Nel ’66 arriva in F.1 con una Cooper-Maserati blu, che ora appartiene al
collezionista Jean Guikas, poi successivamente piloterà una Brabham-Repco.
Questo però, era il suo divertimento. Il lavoro serio era un altro, perché nel
frattempo aveva costruito un impero nel settore dei lavori pubblici, specia-
lizzato nella realizzazione di reti viarie e infrastrutture (1200 operai e 500 mac-
chine da cantiere), azienda messa in piedi partendo proprio da quei premi
vinti in moto che gli consentirono di comperare la prima scavatrice. Fino a
quando il vento non gli soffiò contro: le autostrade da pubbliche divennero
private, e lui - che aveva un contratto con lo stato - perse tutte le commesse.
Ci furono anche ritardi legati alla costruzione dell’aeroporto Charles de Gaul-
le, aperto nel ’74, che lo misero definitivamente in difficoltà con le banche.
Quando queste decisero di chiudere i rubinetti fu la fine dell’avventura, ma
Guy se ne accorse in tempo e seppe far fronte al destino avverso senza
farsi distruggere. Certo, aveva il dente avvelenato, ma decise di convogliare
tutte le sue energie nell’altra attività, legata all’antica passione per la velo-
cità, anche se pure in questo contesto i momenti drammatici non mancano.
Infatti la carriera automobilistica di Guy Ligier è legata indissolubilmente a
quella di Jo Schlesser, con la quale diventa socio; corrono in F.2 e in coppia
nell’Endurance con una Ford GT40, vincendo la 12 Ore di Reims. Il desiderio
di avere mezzi migliori da pilotare, fa nascere nei due la volontà di creare
le proprie vetture da corsa. Malauguratamente Jo Schlesser muore nel ’68 a
Rouen, nella sua prima gara in F.1 al volante della Honda ufficiale con telaio
in magnesio, materiale estremamente infiammabile. Quando Jo esce di pista
al terzo giro col serbatoio pieno di carburante, a causa dell’impatto la sua
monoposto diventa un’apocalisse. Ligier è sconvolto, ma decide di realizza-
re il sogno. Nasce quindi la prima auto Ligier contraddistinta dalla sigla JS1,
e sarà così per tutte, in ricordo dell’amico. E’ una GT destinata alle competi-
zioni, ma già si pensa anche alla possibile produzione in piccola serie. Siamo
nel 1969. L’auto viene mostrata al Salone di Parigi: lo stile è di Pietro Frua,
designer scelto perché bisognava rivolgersi ad un numero uno, e Frua lo era,
disposto però ad assecondare le richieste tecniche di Ligier. Altri stilisti non
sarebbero stati così elastici nel seguire le direttive del costruttore di Abrest.
Frua invece lo fù, e disegnò una gran macchina, moderna ancora oggi. Grazie
all’interessamento di Bernard Guénant e Michel Tetu, che progettò la vettura
e ora è Presidente del Club Ligier JS2 (www.
ligierjs2.fr), abbiamo potuto
visitare la fabbrica ad Abrest, dove oggi vengono prodotte le minicar Ligier
Automobiles
(www.ligier.fr). Gli storici hangar sono intatti e oggi custodisco-
no la JS2 di François, l’ultima prodotta ad Abrest, che ha scoperto a poco
a poco la storia di questa coupé. Suo nonno, infatti, non ama parlare del
passato. E’ sempre proiettato verso il futuro. Dopo aver rilevato il pacchetto
di maggioranza di Tico Martini e creato con lui una F.3 e le Ligier sport, ora
si appresta con l’OAK Racing e la Onroak Ligier JS P2 a tornare a Le Mans …