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KERB 1.14

N

ella stagione di F.1 1985, il GP del

Belgio di F.1 era previsto il 2 giu-

gno. Appena quattro giorni dopo

la tragedia divampata allo stadio

“Heysel” di Bruxelles, dove per la

violenza dei tifosi inglesi e il crollo di un muro

prima della finale di Coppa dei Campioni tra

Juventus e Liverpool, persero la vita 39 persone

(oltre 600 i feriti), tra le quali 32 italiani. Il gior-

no dopo, giovedì, ero in partenza per il Belgio

assieme alla maggioranza della consueta “ca-

rovana” che seguiva la F.1. Con quale spirito si

può immaginare, dopo le scene drammatiche

viste in TV e il successivo incontro, all’aeropor-

to della capitale belga, con i più fortunati tra i

reduci di quella terribile notte, molti dei quali

vistosamente feriti e comunque scossi per l’e-

sperienza passata. Inevitabile il presentimento:

qualcosa sarebbe andato storto anche nel GP?

Ma no, la sensazione nasceva solo dalla rabbia

e dall’amarezza per la tragedia. Sarebbe stato

d’altronde giusto onorare quei morti con una

vittoria della Ferrari. Con tre secondi posti nei

quattro GP precedenti, il brillantissimo Miche-

le Alboreto era a pari punti con Alain Prost e la

Ferrari 156/85 era competitiva nei confronti del-

la formidabile McLaren MP4-Porsche. Anche il

clima aiutava a superare le cattive sensazioni.

Niente pioggia, grigiore o temperatura bassa,

abituale compagnia del GP del Belgio. Sole

splendente, cielo azzurro, pulitissimo e un caldo

sorprendente. “Troppo caldo per giugno”: quel

titolo di un film degli Anni ’60 pareva studiato

per condensare gli avvenimenti che si sarebbe-

ro susseguiti fin dalle prove del venerdì mattina.

Gli organizzatori del GP avevano infatti avuto la

bella pensata di rifare totalmente l’asfalto del

circuito di Spa-Francorchamps di 6,9 km, dove

la media sul giro era superiore a 215 km/h, con

i migliori motori 1.5 turbo tarati per sviluppare

in prova oltre 1.000 cavalli. I lavori erano termi-

nati appena cinque giorni prima dell’inizio del-

le prove del venerdì mattina e la temperatura

atmosferica, superiore ai 30 gradi, non aveva

permesso il consolidamento dell’asfalto. Albo-

reto fu uno dei primi a scendere in pista e otten-

ne un tempo accettabile ma in breve alle sue

spalle i distacchi non si contavano in decimali

come al solito, ma in manciate di secondi! Nelle

traiettorie l’asfalto cedeva come il burro e so-

prattutto nelle curve della “Source” di “Puhon”

e di “Stavelot”, gli enormi pneumatici (45 cm di

larghezza quelli posteriori) delle F.1 dell’epoca

avevano creato dei veri canali. Si scatenò il fi-

nimondo ma soprattutto per la reazione dei

piloti. Organizzatori, Bernie Ecclestone (che dal

1981 gestiva i GP tramite il “Patto della Concor-

dia”), la Federazione - con il presidente Bale-

stre in testa - e gli stessi team, erano molto più

abbottonati, tutti terrorizzati del disastro econo-

mico che si stava annunciando. Mentre gli or-

ganizzatori cercavano di trovare rapidamente

una soluzione, si tentava una mediazione con

i piloti. Questi ultimi erano guidati da Niki Lau-

da, a quel tempo presidente della GPDA, che

fu irremovibile, confermando che il suo talento

era accompagnato da una personalità fuori dal

comune. Tra la tarda mattinata e il pomeriggio

inoltrato, le ore trascorsero in un perenne via-

vai tra i box, nella zona più alta del circuito, e

la direzione corse, che era ancora nei vecchi

fabbricati, nella valletta che porta alla curva di

Daniele Buzzonetti da Parma, nasce giornalisticamente nel mondo dei motori a Roma nel ’70. Si occupa sia di sport che di storia dell’automobile. Nel ’76 passa ad Au-

tosprint dove rimane fino all’87, vivendo il periodo d’oro della rivista. per poi divenire vice-direttore di Auto e direttore di Gente Motori. In seguito è ancora vice-di-

rettore di AM-Automese e Autosprint, e direttore dei settimanali SportAuto e SportMoto. E’ autore di diversi libri, tra i quali: “Mauro Forghieri. 30 anni di Ferrari e oltre”

e “La Ferrari secondo Forghieri. Dal 1947 a oggi” per Giorgio Nada Editore; oltre all’ultimo “MASERATI, 100 anni di storia attraverso i fatti più significativi” Artioli Editore.

TROPPO CALDO PER GIUGNO

di Daniele Buzzonetti

“Eau Rouge”. Si sapeva che Ecclestone cercava

in tutti i modi di ricomporre la questione mentre

una azienda specializzata era pronta ad inter-

venire, per rimettere in sesto l’asfalto nel corso

della notte. La decisione ufficiale sulle sorti del

GP sarebbe stata presa il sabato ma nella re-

altà i piloti avevano già stabilito che sarebbe

stato pressoché impossibile correre. Dopo ave-

re ottenuto il “no” da parte della maggioranza

dei colleghi, lo stesso Niki Lauda tornò a casa,

a Ibiza, il sabato pomeriggio. Una dimostrazio-

ne di forza che trovò ampia giustificazione nel

penoso spettacolo offerto la domenica, a causa

del fondo stradale, da piloti e macchine della

F.3000, a Spa per l’avanspettacolo del sabato e

promossi a star per la diretta Tv di domenica.

In una atmosfera surreale, vinse Mike Thackwell

(Ralt-Cosworth) con il nostro Gabriele Tarquini

4°. Il GP del Belgio venne rinviato al 15 settem-

bre e a rimetterci fu soprattutto Michele Albo-

reto. Fino a metà estate la Ferrari 156/85 era

competitiva (vittorie in Canada e Nürburgring),

ma la successiva evoluzione la rese fragile.

un terzo, tre quarti e un quinto posto. Parecchi

i nomi da leggenda al via, come Surtees, Gur-

ney, Andretti, Revson, Brabham, Rodriguez al

volante della Matra MS630/650 e Ferrari 312P, e

anche Andrea De Adamich su McLaren M12 del

Team Chaparral. L’edizione del 1970 con 10 ap-

puntamenti, ebbe inizio il 14 giugno a Mosport,

marcato profondamente dalla tragica scom-

parsa di Bruce McLaren, perito il 2 giugno sul

circuito di Goodwood, in seguito a un inciden-

te in prova con la M8D. A sostituirlo fu Dan Gur-

ney, che non deluse le attese del team andan-

do a vincere le prime due gare in suolo

canadese, appunto Mosport e St. Jovite. Il

campionato fu per il secondo anno consecuti-

vo un dominio quasi totale delle M8D con 9

vittorie su 10 , 6 delle quali ottenute da Hulme,

prossimo Campione, due da Gurney e una

dall’inglese Gethin chiamato a sostituire Bruce

McLaren in F.1 (e successivamente lo stesso

Gurney dopo il suo improvviso ritiro dalle

competizioni). L’unica vittoria a sorpresa fu fat-

ta registrare dall’americano Tony Dean al vo-

lante di una Porsche 908-02, a Road Atlanta. A

parte la scomparsa di McLaren e il ritiro di Gur-

ney, il ‘70 fu marcato anche dalla partecipazio-

ne ufficiale della Ferrari, affidata a Mario An-

dretti. Altri “notables” di spicco furono Chris

Amon ufficiale March in F.1 alla guida della

March 707; la BRM P154 di Rodriguez; l’ Auto-

cast di Jackie Oliver con tre secondi posti; Vic

Elford, Gerard Larousse e l’arrivo della della

Shadow come costruttore, oltre ovviamente

alla sempre piu’ numerosa presenza di Porsche

917 e 908 in aggiunta alle sempre popolari

McLaren M6, M8 e Lola. Divenuto pilota ufficia-

le McLaren in F.1 nel 1971, Peter Revson ottenne

la seconda guida dell’ultima evoluzione M8F.

L’americano si mise subito in evidenza con un

2° e un 3° posto nelle prime due corse per poi

ottenere 4 vittorie e due piazzamenti d’onore,

grazie ai quali fu il primo statunitense a vincere

il campionato di casa. Alle sue spalle l’irriduci-

bile Hulme autore di tre primi posti e due se-

condi podi.

(fine prima parte)

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