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J

acques Villeneu-

ve vince il mon-

diale di Formula

1 nel 1997, al volante di

una Williams-Renault.

Figlio di Gilles, uno

dei piloti più amati

dai ferraristi (morto a

Zolder, in Belgio, nel

1982), proprio nell’’ulti-

mo GP batte Michael

Schumacher, al volante

di una Ferrari. Jacques è un personaggio un po’

diverso nel mondo della F1. Ventiseienne, la sua

casa-base è a Montecarlo, la fidanzata Sabrina,

canadese come lui, lo raggiunge qualche volta

in Costa Azzurra. Nel gennaio 1998 il settimanale

Amica (RCS) mi chiede di provare a intervistare

questo giovanotto di solito restìo a parlare con

i giornalisti. Il canale è uno dei suoi sponsor,

Baume&Mercier, e la risposta è positiva, ma a

una condizione: devo raggiungerlo su una pista

da sci di Villars, in Svizzera. Poi deciderà lui dove

fare l’intervista. Mi diverte l’idea, una sciata a Les

Diablerets non l’ho mai fatta. Così lo incontro in

cima a una seggiovia, il biondo Jacques sorride,

stringe il mio guantone, in italiano dice solo: “Se-

guimi”. E si butta giù in un fuori pista da brivido.

Me la cavavo sugli sci, ma il figlio di Gilles va

come una scheggia in neve fresca, schizzando

in mezzo agli alberi. Dopo un po’ si ferma, mi

aspetta, sorride : “Come va?”. Anch’io sorrido, e

rispondo “’fanculo”. Lui ride, e si ributta giù. Final-

mente si arriva a una baita, proprio in fondo a una

valletta. Quando entro è già a tavola, ha ordina-

to per tutti e due. Sorride, sorrido. Cin cin con il

boccale di vino rosso, non aspetta una domanda

e comincia, masticando, a parlare lui. Una delle

interviste più divertenti per me, in decenni di que-

sto (splendido) mestiere. “Sai? Ho scoperto da

poco il pesce, quando correvo in Giappone non

lo mangiavo mai, perché mi ricordava le schifez-

ze che mangiavo in collegio, proprio qui a Villars.

E poi il pesce non piaceva a mio padre…In Cana-

da mi piaceva l’hockey. E poi il motocross. Come

mio padre…”. A questo punto mi tocca fare una

domanda: “Ma ti martellano sempre con la storia

di Gilles?”. Sorride: “Non gli italiani. Altri si arram-

picano su assurdi tentativi di analisi psicologica.

Gli italiani no: in loro sento quasi sempre che c’è

amore per mio padre. E questo, ovviamente, non

mi dispiace. Dài, fammi un’altra domanda”. Senti,

nel Gran Prix di Jerez (quando hai vinto il mon-

diale) Schumi aveva un bel vantaggio su di te,

poi l’ha perso in pochi giri e sorprendentemen-

te ti è venuto addosso. Un errore? “No, voleva

farlo. Erà già da parecchi giri che programmavo

la rimonta , e registravo tanti suoi piccoli errori.

Capivo che era stanco. Alla fine, quando si è tolto

il casco, mi hanno detto che era sudato, e lui non

suda mai. Io non mollo mai, è lui che ha ceduto,

non la Ferrari”. Siamo al dolce, e al terzo bicchie-

TR I S D ’ ASS I

A

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06

M

aserati, Ferrari

Stanguellini,

storie antiche

legate alla nostra

gioventù. Ma anche

moderne, di ieri, di

oggi. Un rombo e

l’acre odore dell’o-

lio di ricino bruciato

ci trasporta lontano

nel tempo, alle Mille Miglia storiche quando

Modena si svegliava con la primavera dopo

un lungo letargo invernale e ci si trovava tut-

ti nel parco a vedere passare le macchine.

I corridori, nomi famosi: Fangio, Ascari, Ta-

ruffi, Gonzales, Behra, De Fillipis, Castellotti,

Perdisa, Sighinolfi, Varzi, Farina e soprattutto

Nuvolari, il nostro eroe, che non conosceva

la paura, mitico! Una volta aveva corso gui-

dando con una chiave inglese al posto del

volante e aveva vinto! Noi correvamo con

loro, sognavamo avventure mentre il vento

ci sferzava la faccia già sporca di olio e di

polvere ma poi alla fine ci accontentavamo

di stare lì a guardarli ma soprattutto a guarda-

re negli occhi della nostra ragazza e sognare

con lei. Il nostro mondo era l’Autodromo, il

più importante d’Europa nel dopoguerra. Le

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corse, ma non solo in macchina, ma anche

di moto, i circuiti ciclistici, Bartali e Coppi, i

Rally del cinema, le manifestazioni aeree,

l’aereo club, la benedizione delle vetture e

degli animali per Sant’Antonio. Era il nostro

salotto e ricordo ancora il Gran Premio di

Modena del ’53 quando Fangio su Masera-

ti aveva vinto. E io c’ero. Sembrava volasse

e la sua macchina era una striscia di colore

che ci passava davanti e dopo un istante

diventava un puntino, tanti puntini lontani

per poi ritornare con un rombo feroce che

ci avvolgeva, arrivava fino al centro, nelle

strade, nelle piazze e restava dentro di noi.

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Daniele Protti viene da Mantova, come Nuvolari, e come il grande Tazio ama le belle auto. Che tratta con i guanti, con savoir-faire. Per anni habitué della

tratta Milano-Roma, non disdegna qualche puntata a Cortina, località che di storie dei motori, anche se sembrerà strano, ne ha da raccontare. Giornalista,

scrittore, docente universitario, è Direttore Editoriale de L’Europeo, che ha fatto rinascere, dopo averlo già diretto in passato.

SUGLI SCI CON JACQUES VILLENEUVE

di Daniele Protti

Beppe Zagaglia è uno spirito libero, un poeta. Cantore per eccellenza della sua Mo-

dena, narra scampoli di vita vissuta nella rubrica “Gente di Zagaglia”, sul Resto del

Carlino. Medico mancato, viaggiatore, scrittore, fotografo, ma anche pittore e gran-

de scrutatore: di paesaggi, di uomini, di automobili, quando queste diventano un

pezzo di storia. Da Modena agli USA, da Gallipoli - dove ama svernare - all’Irlanda.

MODENA

di Beppe Zagaglia

re di rosso. Ultime battute. Senti, il tuo manager,

lo scozzese Craig Pollock, adesso amministra un

capitale di cinquanta milioni di dollari, e aveva

detto che avevi tutti i numeri per fare lo sciato-

re professionista. Mi interrompe: “Ma aveva ag-

giunto che non avrei mai guadagnato tanto come

con la Formula Uno…”. E che ci fai con tutti questi

soldi? “Le cose che mi piacciono: suonare il pia-

no, giocare con il computer, ascoltare musica….”.

E Sabrina dove sta? “In Canada, ha un suo lavo-

ro, ci vediamo in posti diversi, mi raggiunge lei,

anche a Montecarlo. Qualche volta…” Ti piace la

convivenza? “Mah, non so…no”. E a Sabrina va

bene così? “ Per forza!”, e ride. Per te la fedeltà

è un valore importante? Non sorride più e comin-

cia a bofonchiare “Preferisco parlare di sincerità,

di lealtà…”. Dài, Jacques, a ogni Grand Prix che

vinci (8 l’anno scorso) c’è uno stuolo di ragazzine

che ti acclamano. Ti piace? Ride “Certo che sì, a

chi non farebbe piacere? Via, torniamo a sciare”.

Ultima cosa, Jacques: prima che ti stufi di corre-

re, vedi di andare alla Ferrari. Scoppia a ridere, e

dice “Magari!”. Ma quale magari: magari-forse,

oppure magari-chissà o…magari-magari”? Sorri-

de: “Scegli tu, a me va bene comunque”. Fa scat-

tare i ganci degli scarponi, infila gli sci e via come

un matto, sempre fuoripista. Lo rivedo quando

il sole di gennaio comincia a calare, al parcheg-

gio. Ultima domanda: qualche volta hai paura?

“No, non ho paura. Qualcuno mi batterà. Ma

non l’ho ancora visto”. E sgomma via sulla jeep.