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uando una moto privata vince surclassando rivali

blasonate e ufficiali, beh allora vuol dire che è

proprio speciale. La leggendaria Ducati Pantah

raffreddata ad aria elaborata da Bob Brown che

ha corso negli anni ’80 certamente lo è. Con que-

sta bicilindrica Kevin Magee, futura stella della

500 GP con Yamaha e Suzuki si permise il lusso di

battere la Honda VFR750 e la Suzuki GSX1100 Superbike nel Campionato

Australiano 1984/85. Nell’86 Magee passò alla Yamaha per debuttare in

500. Il suo posto nel team fu preso da un giovane “kiwi” di nome Aaron

Slight, che continuò a “suonare” le più pesanti e meno agili nipponiche

V4 quattro tempi: un’anteprima di ciò che si sarebbe visto di lì a poco

nel Mondiale Superbike. Kevin Magee guidò la moto in configurazione

750 cc, ma quando passò alla Yamaha, Bob Brown decise di portare

la cilindrata a 851 cc con ale-

saggio e corsa 92x64 mm. Così

dava maggior coppia e poten-

za, e venne dotata anche di un

nuovo forcellone in alluminio,

da abbinare al telaio Verlicchi.

In questa versione io la utiliz-

zai nella stagione 1987 nella

serie locale BEARS per bici-

lindriche, condividendola con

Rob Holden che simultanea-

mente correva nella classe F1/

Superbike: una moto per due:

storie di un’altra epoca. Poi la

guidai in Europa l’anno dopo,

nel 1988. Avevo già iniziato

a pilotare modelli Ducati da

corsa da un bel pezzo, anche

quando erano considerati fuo-

ri moda ed eccentrici. Poi la

vittoria di Paul Smart nel ’72 a

Imola e il clamoroso ritorno di

Mike Hailwood al TT F1 nel ’78,

cambiarono l’immagine del

Marchio. Le mie frequenti visi-

te a Bologna come giornalista

e pilota e i miei successi, era-

no stati apprezzati e avevano

portato l’azienda ad affidarmi

la 600 TT2 di Tony Rutter Cam-

pione del Mondo per il GP di

Macao 1982. Fui uno dei primi a

ricevere la desmoquattro con

kit 851S che mi sarebbe ser-

vita per disputare le tre gare

del campionato neozelandese

col supporto dell’importatore

Ducati Don O’Connor, a patto

di permettere anche a Rob

Holden di gareggiare nella F1/

Superbike. Come giornalista/

pilota volevo provare l’espe-

rienza di girare nel leggen-

dario circuito del Wanganui

Cemetery, quindi accettai la condizione. Tuttavia ci furono problemi di

motore irrisolvibili sul posto e quindi si dovette trovare un’alternati-

va. O’Donnor chiamò al telefono Brown chiedendogli quali programmi

avesse per il mese successivo. Così Bob arrivò a Wellington il giorno

dopo in aereo con la sua Ducati modificata per me e Holden. Dopo un

paio di podi a Manfeild, arrivai a giocarmi il titolo all’ultima manche di

Ruapuna nel sud dell’isola, con il quattro volte Campione del Mondo

Hugh Anderson sulla Brook Henry 905 cc Webrook Ducati. Allo stesso

tempo anche Holden stava facendo la sua parte ed era in lizza per il

successo finale, dopo aver conquistato la doppia vittoria a Manfeild e

una a Wanganui. Purtroppo però due turni di qualifiche per pilota e due

manches ciascuno nello stesso weekend, misero a dura prova il motore,

nonostante gli sforzi valorosi di Bob Brown per mantenerlo fresco; pro-

prio nelle prime prove dell’ultima corsa, quella decisiva per entrambi,

con Holden a bordo si ruppe. Così io dovetti cercare un’altra moto

libera e fui il primo a tenere il manubrio di una Britten in gara dopo lo

stesso John Britten, ma questa è un’altra storia. Quando seppi che Bob

Brown voleva vendere la Pantah per prendere una 851 desmoquattro e

in seguito una 888, gli feci un’offerta che non potè rifiutare, facendogli

riparare il motore, mettere nuove carene e spedire il tutto a Daytona

per la Battle of the Twins, dove lui stesso avrebbe dovuto fornirmi assi-

stenza. Una stretta di mano sancì l’accordo e io a mia volta vendetti la

mia Bimota. Ci rivedemmo sette settimane dopo in Florida e trovai la

mia due ruote ad aspettarmi nel paddock, quando - orrore - mi accorsi

che era stata riverniciata di giallo, al posto dell’originale livrea bianca,

rossa e verde in omaggio all’Italia. “Beh, mi avevi detto che non t’im-

portava di quale colore fosse dipinta basta che non fosse il giallo, così

ho pensato di sorprenderti!” fu la giustificazione di Brown. Bello scher-

zo del cavolo, però alme-

no sarei stato riconosci-

bile da chiunque in ogni

tribuna! Le nuove carene

così come le marmitte

erano state fatte da Rod

Tingate e il motore era

perfetto, come dimostrò

la velocità che raggiun-

si sui tratti sopraelevati.

Vinsi la prima gara club,

la CCS, che serviva da

aperitivo a quella vera e

propria. Tutto sommato la

livrea gialla mi stava por-

tando fortuna, e mi classi-

ficai al 6° posto nella BOT

di Daytona vinta da Ro-

ger Marshall sulla Quan-

tel Cosworth (che usava

i pistoni del motore auto-

mobilistico di F.1). Quella

corsa fu il preludio ad una

delle più belle stagioni

che io abbia mia avuto in

25 anni di carriera. La Bob

Brown Ducati filò come

un treno per tutto l’anno

(255 km/h di velocità mas-

sima). Aggiunsi solo un

silenziatore SuperTrapp

per i vincoli acustici in Eu-

ropa. Trovai gli sponsor

per disputare la prima se-

rie ProTwins, categoria di

contorno su sei round ab-

binata al Campionato Te-

desco Superbike. La mia

“Italian-Aussie” mi permi-

se di ottenere numerosi

podi anche se purtroppo

nessuna vittoria e finii 2°

in classifica assoluta. Vinsi

però alcune competizioni

in Francia e in Italia, e fu a Pergusa che salii per l’ultima volta in sella a

questa moto, prima di poterla riprovare al Broadford Bike Bonanza Festi-

val lo scorso anno. Quando a fine stagione ‘88 finalmente arrivò il moto-

re del reparto corse per la mia 851S con kit, decisi di tenere la Pantah in

garage come muletto. Dopo un po’ decisi di vendere la “banana austra-

liana” (soprannome datole dagli avversari) all’amico spagnolo Joaquin

Folch. E’ rimasta per 25 anni nella sua collezione di circa 500 moto, inclu-

se 23 Ducati ufficiali. Poi Joaquin ha accettato di rispedirla in Australia

per metterla a disposizione di MA/Motorcycling Australia ancora per

Kevin Magee e il sottoscritto, a Broadford appunto, nonostante sia stato

difficile trovare le gomme adatte. Da lì è nata la decisione di lasciarla in

Australia ancora per un altro anno a disposizione di Magee. Nel frattem-

po, dopo il nostro test, Folch ha fatto ridipingere la Pantah nel tricolore

originale, bianco, rosso e verde. 25 anni dopo lo scherzo di Bob Brown …